La colonia

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L’hanno svegliata le chiacchiere delle signorine, parole sussurrate, ma il suo letto è proprio di fronte ai loro. Silvia ha il cuore che batte forte, è spaesata, non subito capisce dove si trova. La luce bianca dei neon in corridoio, accesi tutta la notte, filtra attraverso la porta della camerata. Ora ridono sottovoce: le educatrici dormono in due in ogni stanzone, occupano gli ultimi due letti delle file di letti che corrono parallele addossate al muro, quando sono arrivate lì ha contato quattordici letti per fila. La camerata le ricorda l’ospedale dove è stata ricoverata per togliere l’appendice l’anno precedente, ma solo per pochi giorni, li ha dimenticati in fretta. Forse è a causa dell’odore forte di disinfettante che si sente ovunque. E almeno suo zio Renato in ospedale le ha regalato l’album di Heidi e un numero enorme di pacchetti di figurine. Invece qui nessuno le regala niente, anzi le hanno rubato un costume-quello bello, a righine blu, che aveva pure il reggiseno- che aveva lasciato in bagno ad asciugare e in colonia ci dovrà stare per un mese e sicuramente non la dimenticherà mai. Nel letto a fianco al suo dorme sua sorella Tiziana, ha due anni meno di lei e piagnucola tutto il giorno che in colonia non ci vuole stare. Silvia è rassegnata, invece. Nessuno ha chiesto loro se volevano andare, suo padre le ha iscritte a quella colonia aziendale, contento di mandarle al mare per un mese e forse di liberarsi di loro. Sicuramente sua madre non ha pianto quando le hanno lasciate sul pullman che le avrebbe portare a Milano Marittima.

“Silvia, stai attenta a tua sorella, mi raccomando” le ha quasi urlato prima che salisse sul pullman. Una frase che poteva farsi tatuare in fronte per quante volte glielo aveva detto “quellachestaattentaallasorella”. Le loro educatrici, le signorine come le chiamano tutti, sono due ragazze di circa venticinque anni, studentesse universitarie, una, Loretta, è grassottella e bassa, i capelli neri corti sempre un po’ unti, ma almeno ha l’espressione più intelligente dell’altra, Simona, che è più alta, castana, la triste faccia cavallina, i denti in fuori. Ci sono altre educatrici e un paio di educatori, tutti più belli, ma a lei sono capitate queste di signorine. Sono pure antipatiche. Loretta l’ha rimproverata fin dai primi giorni a colazione perché lei sbriciola i biscotti prima di metterli nel latte, “come i bambini piccoli”, e poi sporca tutta la tovaglia. Silvia le ha risposto che quel latte fa schifo, sa di colla, e ci sbriciola quei biscotti secchi, anemici, perché è l’unico modo di ammorbidirli e mangiarli.

La prima notte in colonia è stata orribile, sua sorella era scivolata tutta bagnata nel suo letto, svegliandola. Piagnucolava.

“Torna al tuo letto, non ci stiamo qui in due” aveva protestato assonnata.

“Mi sono fatta la pipì nel letto, è tutto bagnato” le aveva sussurrato Tiziana nell’orecchio.

“Sei bagnata pure tu! Che schifo!”

“Ti prego, ti prego, fammi dormire qua”, e sempre per quella storia che doveva starci attenta si era rassegnata a farla rimanere, ma che schifo. Anche lei ha avuto presto una disavventura notturna, in piena notte si è sentita male, forse aveva esagerato con il gelato, aveva mangiato anche quello di Tiziana. Si era girata e rigirata nel letto, con i crampi alla pancia che le facevano portare le ginocchia al petto, fino a quando si era decisa ad alzarsi. Aveva paura ad andare ai bagni da sola, i corridoi davanti alle camerate erano spettrali, ma era troppo imbarazzata per svegliare qualcuno, figurarsi una delle signorine, capace che l’avrebbero tenuta lì in piedi a farle un interrogatorio svegliando le altre bambine fino a fargliela fare davanti a tutti. Era corsa veloce verso i bagni femminili e si era liberata, sudando e piangendo in silenzio. Sperava almeno di non vomitare. Poi si era guardata intorno frenetica: non c’era la carta igienica. Era uscita dal bagno e aveva cercato negli altri due. No, proprio non c’era. Aveva preso una delle mutande stese su uno stendino, erano tutte siglate con le loro iniziali, ma non aveva perso tempo a cercare le sue, si era pulita velocemente, poi era stata indecisa se buttarle o lavarle. Quando aveva sentito un rumore, probabilmente qualcun altro che veniva verso il bagno, le aveva rimesse rapidamente dove le aveva prese, aveva lavato le mani ed era tornata di corsa a letto. Nei giorni seguenti e fino alla fine del mese la bambina con i capelli rossi era diventata per tutti Mutande merdose, solo una piccolissima parte di lei avrebbe voluto urlare “Mutande merdose sono io!”, ma era veramente una parte molto piccola ed era prevalso il sollievo che gli altri neanche lo sospettassero.

Insieme a sua sorella ha fatto amicizia con qualche bambina della camerata e, soprattutto, lei si è fidanzata con Ivano, uno grande, di dieci anni. Le loro giornate seguono sempre la stessa routine: sveglia alle 7, colazione alle 8, in spiaggia -una grande spiaggia di sabbia fine e chiara proprio davanti al grande edificio a tre piani che ospita la colonia- alle 9, bagno dalle 10,30 alle 11, poi giochi di squadra sulla spiaggia, alle 12 in camerata per cambiare i costumi bagnati, pranzo alle 12,30 (quasi sempre pasta con il pomodoro, che lei odia, o una minestra triste, “una sbobba” la chiama Ivano, anche se lei non conosce quella parola le sembra perfetta per descrivere la minestra: una sbobba), in camerata dalle 14 alle 16 e anche se la regola è dormire nessuno lo fa. Poi, nel pomeriggio, fino alle 19, l’orario della cena, tornano in spiaggia o escono per delle escursioni o a fare una passeggiata per Milano Marittina, in genere vanno a prendere il gelato. Dopo la cena e fino alle 22 possono stare nella sala giochi, ci sono un paio di biliardini e alcuni giochi da tavolo, organizzare qualche spettacolino tipo Sanremo a Milano Marittima, ma cantano e ballano sempre gli stessi, oppure possono guardare un film nella sala comune, ma la televisione è piccola e non si sente bene.

La parte della giornata che preferisce è il pomeriggio, quando si ritrovano tutte in camerata: lei, Tiziana e Ornella, una bambina di Ravenna, hanno messo su il trio dei massaggi, sfregano le mani bagnate a un pezzo di sapone alla rosa e dopo aver fatto sdraiare a pancia in sotto le altre bambine sul letto, nude, con un asciugamano sul sedere, iniziano a massaggiare e premere. Sua sorella si occupa dei piedi. Sono diventate molto popolari, solo Celeste la chiromante che predice il futuro con le carte francesi nella camerata dopo è più famosa di loro. Anche Silvia si è fatta fare le carte da Celeste, timorosa. Celeste era a gambe incrociate al centro del suo letto, molto scura di carnagione e molto magra. Disponeva le due file di carte sul letto, davanti a sé.

“Mi sposerò?” è stata la sua prima domanda.

“Ti sposerai con uno con gli occhi azzurri e i capelli neri, il nome inizia con la F.” le ha rivelato Celeste dopo aver osservato con attenzione le carte. Non con Ivano, allora. Ivano ha gli occhi neri ed è biondo. Intanto Celeste osservava attenta le carte.

“Questo Jolly non ci voleva.” Celeste aveva un’espressione corrucciata. Silvia ha avuto un tuffo al cuore, maledetto Jolly.

“Morirà presto?”

“No, non lui. Fammi leggere bene. Sarai felice avrai tre figli, due gemelli. Però…”

Silvia aspettava con ansia il resto. Celeste le ha puntato in faccia i suoi inquietanti occhi neri, da spiritata e le ha afferrato la mano sinistra.

“Dammi la mano, voglio vedere la linea della vita”, aveva un’aria concentrata mentre con un dito seguiva la linea centrale.

“È come pensavo. Uno dei tuoi gemelli morirà attraversando la strada.”

Che tragedia, ha pensato Silvia.

“Tuo marito ti lascerà, incinta.”

“Ma avevi detto che sarei stata felice! Bugiarda!” Silvia ha alzato la voce e ha buttato all’aria le carte tornandosene alla sua camerata tutta rossa in viso.

Comunque un giorno, poco prima della fine del mese di colonia, Ivano l’ha lasciata. Sono in spiaggia, appena dopo il bagno, le racconta che si è innamorato di un’altra, della bambina con i capelli rossi, di Mutande merdose.

“Può succedere a chiunque di farsela sotto, una volta mi è capitato a scuola. La volevo consolare e…”

Silvia è in collera, vorrebbe dirglielo che è lei Mutande merdose, ma Ivano non le crederebbe, penserebbe che la sua è tutta invidia per la bambina con i capelli rossi che ora è la sua nuova fidanzata. Si dirige verso sua sorella che gioca con alcune bambine più piccole con la sabbia, costruiscono un castello sotto la supervisione del direttore della colonia, il signor Giulio, un uomo con un faccione e le gambe magrissime, sempre sorridente e con una voce tonante. Ha capito che le educatrici se ne tengono lontane perché allunga le mani, le abbraccia e le bacia a ogni occasione, anche se probabilmente sono intimorite perché è il loro capo e potrebbe non farle richiamare per le nuove colonie. All’improvviso arriva correndo un bambino, Aldo, anche lui è uno dei grandi, avrà dieci, undici anni, è un prepotente, prende sempre in giro tutti, soprattutto le bambine più piccole. Aldo, facendo finta di inciampare, distrugge parte del castello, proprio dalla parte di Tiziana che subito inizia a piangere disperata. Il signor Giulio rimprovera bonariamente Aldo, non lo ha mai visto arrabbiarsi con nessuno. Sua sorella continua a piangere e urlare e allora Aldo le dà una spinta.

“Piagnona, piagnona” e le fa il verso piangendo per finta.

Silvia parte di testa, lo colpisce all’addome, è alto e piazzato ma l’attacco improvviso lo sorprende. Arretra sulla spiaggia e cade sulla riva, portando Silvia con sé. Lottano anche a terra, Silvia ne prende tante, sberle in faccia e sulle braccia, ma si attacca ai suoi capelli e tira con tutte le sue forze. Il signor Giulio e un altro educatore intervengono subito, ma ci mettono un po’ a separarli. Silvia ha avuto la peggio, ha un taglio al sopracciglio e le fa male un braccio, ma stringe tra le dita una grossa ciocca dei capelli di Aldo e almeno sua sorella ha smesso di piangere. Il giorno dopo è prevista una gita all’Acquario di Cattolica, sono puniti entrambi: Aldo starà in cucina con le cuoche, Silvia in infermeria con la suora che se ne occupa. Silvia è dispiaciuta di non andare all’Acquario e di non vedere i delfini, se ne sta immusonita tutto il giorno sul lettino dell’infermeria, la suora le ha dato un libro grande, azzurro, La Bibbia illustrata per bambini, con dei disegni molto belli e colorati, ma dopo un po’ s’annoia e quando torna sua sorella che le racconta eccitata di tutti gli animali che ha visto, mica solo i delfini, vorrebbe scoppiare a piangere, ma orgogliosa fa spallucce e la caccia via che lei deve leggere questo libro bellissimo. Più tardi torna a dormire in camerata, ma non vuole parlare con nessuno. La mattina seguente quando entra in mensa tutti la guardano e Aldo, dall’altra parte della stanza, le fa il segno di tagliarle la gola. Si siede vicino a Tiziana che è davanti alle due educatrici. Anche quella mattina sono odiose, Loretta le chiede se si è divertita in infermeria e l’altra, Simona, quella con la faccia cavallina, le chiede se vuole il biberon stamattina per il suo latte con i biscotti sbriciolati.

“Vi ho sentite l’altra notte, signorine” dice sottovoce sporgendosi sul tavolo verso di loro. Le due si scambiano uno sguardo, preoccupate. Ah, i segreti dei grandi, quando lei sarà grande non avrà segreti o imparerà a nasconderli meglio di queste due.

“Parlavate del signor Giulio” continua. In verità ha sentito solo il nome, non sa veramente cosa si siano dette tra le risatine, ma si sta godendo il momento perché quelle due streghe sono impallidite. Forse hanno paura che lei faccia la spia; se sapesse che cosa si sono dette lo farebbe senz’altro. Loretta l’osserva in silenzio per qualche secondo, poi le sorride. Chiama un’inserviente.

“Può portare dell’altro latte, quello che date a noi educatori, però? E i nostri biscotti?”

L’inserviente, una signora grassa e gentile, si affretta ad accontentarle. Loretta prende un bicchiere dalla tavola e l’avvolge in un tovagliolo, poi comincia a tritare i biscotti sul tavolo.

“Dimmi tu quanto tritati li vuoi.”

Le strizza l’occhio. Forse non è così antipatica.

(Foto dal film “Un sogno chiamato Florida” di Sean Baker)