Qualcuno tempo fa mi ha preso in giro per la mia dizione della parola insomma, un attore che non conoscevo bene e con cui non avevo scambiato che un paio di saluti, e da allora per me insomma è diventato sinonimo di qualcosa di molto antipatico e pure sgradevole. Il 2020 per me è stato l’anno dell’Insomma, fin da subito. Sono tornata a scrivere dopo diverso tempo e questa è una delle poche cose che salvo (anche se non tutti saranno d’accordo) nel finale di quest’anno dell’Insomma. Stare con tutti i miei cari, condividere con qualcuno le difficoltà, le disillusioni, le paure, le perdite è l’altra cosa che salvo del 2020 appena trascorso. Durante il lockdown di Marzo e Aprile ci sono stati momenti estranianti, siamo tornati tutti ad essere adolescenti rinchiusi nella nostra cameretta, alcuni per scelta, altri per costrizione.
Non solo ho scritto poco, ma ho anche letto poco in questo anno dell’Insomma. Ho iniziato con Il resto di niente di Enzo Striano nell’edizione Oscar Mondadori, un romanzo storico sulla vita di Eleonora de Fonseca Pimentel, un’intellettuale illuminista, una delle prime donne giornaliste d’Europa, portoghese di nascita, ma napoletana d’adozione, dalla vita eccezionale raccontata dall’infanzia nella Roma pontificia fino alla morte per mano del boia a Napoli a causa della sua partecipazione alla rivoluzione e alla Repubblica Napoletana nel 1799. Non sono una fan dei romanzi storici, però Striano scriveva benissimo rendendo con penna delicata i tormenti anche fisici e sessuali di una donna del Settecento in bilico tra l’educazione cattolica e bigotta dell’epoca, in una famiglia comunque sui generis, i cambiamenti e le rivoluzioni del periodo illuminista e i moti dell’anima. Napoli ruba spesso il ruolo di protagonista a Eleonora, eccezionale il racconto dell’arrivo a Napoli della famiglia de Fonseca Pimentel durante la festa della Piedigrotta, un carnevale settembrino dedicato alla Madonna.
Del libro di Donald Barthelme, Biancaneve edito da Minimum Fax avevo già scritto qui.
Poi ho letto un libro che avevo ricevuto in regalo per il mio compleanno, insieme ai biglietti per la mostra di Alberto Sordi per il centenario della nascita e che purtroppo ancora non sono riuscita a vedere. Il libro è Un borghese piccolo, piccolo di Vincenzo Cerami edito dalla Mondadori e l’ho trovato agghiacciante per la sua lucidità nel descrivere quella parte della società italiana, la più numerosa, che vive di raccomandazioni, clientelismo, rapporti di lavoro umilianti a cui ci si presta con la speranza di un qualche tornaconto personale, rapporti familiari basati sulla comodità, sull’apparente sicurezza della propria piccola quotidianità da preservare a ogni costo. E infine la rabbia nascosta di questo impiegatuccio ministeriale alla soglia della pensione, la cui unica preoccupazione è far subentrare il figlio appena diplomato al suo posto di lavoro, pronta ad esplodere dopo un trauma subito, per punire metodicamente chi ha sovvertito l’ordine esistente. Avevo visto il film di Monicelli proprio con Alberto Sordi anni fa, ma il libro mi è parso più inquietante, anche considerando che era il primo romanzo di Cerami.
Ho letto anche Momenti trascurabili di Francesco Piccolo, il vol.3 pubblicato da Einaudi. Non mi è piaciuto quanto gli altri due, allungare il brodo rende solo un brodo acquoso, quindi non ci spenderò altre parole.
In tarda Primavera ho letto Uomini e Troll di Selma Lagerlöf edito da Iperborea, fiabe antiche in contesti relativamente moderni, alienante e a tratti terrorizzante, come sono tutte le fiabe, e di Edna O’Brien, Tante piccole sedie rosse, edizione Einaudi, la storia di due amanti che si incrocia con la Storia di uno dei più grandi genocidi contemporanei, quello di Srebrenica, durante la guerra in Bosnia. L’amante, uno straniero giunto in un tranquillo paesino irlandese all’improvviso, guaritore e sessuologo, si rivela a metà libro un criminale internazionale ricalcato sulla figura dello psichiatra, santone barbuto e latitante per anni, il serbo Radovan Karadzić. Immagino che l’autrice abbia voluto descrivere la fascinazione che alcune figure manipolatrici possono esercitare sui singoli, ma anche su una collettività impreparata e ingenua.
In Estate ho ripreso un minimo di attività sociale e anche qualche piccolo viaggio. Sono riuscita a visitare il Conero, un promontorio bellissimo che mi ha ricordato il mio Circeo, e diverse località delle Marche, una terra splendida, di cui conoscevo solo Camerino e Macerata. Soprattutto sono stata da Leopardi e mi sono emozionata visitando la sua casa e la sua biblioteca a Recanati. L’ho raccontata a tutte le persone che hanno avuto la sfortuna di sentirmi in quei giorni come se fossi andata sulla luna, forse l’ho fatto: Che fai tu, luna, in ciel?
In genere questa è la stagione in cui leggo moltissimo perché finisce la scuola e ho molto più tempo libero, invece quest’estate mi sono adeguata al trend annuale e ho letto solo un paio di libri, uno di Altan (quindi non un vero e proprio libro…) La Luisa pubblicato da Gallucci e l’altro di Andrea Camilleri, Riccardino della Sellerio. Ho faticato a riprendere a leggere Camilleri, mi ero disabituata alla sua lingua e, inoltre, ho trovato l’intreccio, i giochi di rimandi continui al personaggio televisivo, così come le ingerenze dell’autore nella storia, impegnativi. Ma è stato come ritrovare un vecchio amico che non si incontra da tempo e alla fine in bocca è rimasto un gusto dolce e amaro insieme. Per Altan posso solo dire che è stato il migliore libro/non libro che ho letto in questo anno dell’Insomma.
In Autunno dopo Tommaso Landolfi mi sono concessa un libro che da tempo volevo leggere perché ne avevo letto alcuni estratti, l’autobiografia di Andre Agassi, Open per Einaudi editore. L’ho finito in tre giorni, se avessi potuto, se non avessi avuto impegni lavorativi e familiari, lo avrei letto tutto senza interruzione, senza mangiare e dormire. Non è solo una storia di tennis, la vita di Agassi dall’infanzia controllata dal padre padrone e dal Drago, un mostro lanciapalle, fino al ritiro agli Us Open del 2006, ma è soprattutto un romanzo di formazione che parla delle vittorie e delle sconfitte di Agassi sia in campo che nei rapporti umani. La domanda alla base di tutto il libro, fin dall’inizio è Perché gioco a tennis, se lo odio? Mi sembra che la domanda riguardi tutti noi, perché quell’odio forse è l’altra faccia dell’amore che mettiamo in ogni cosa che facciamo con fatica e dedizione.
Poi ho fatto la furba e ho letto facilmente un piccolo libro, regalo di un’amica appassionata lettrice, una raccolta di aneddoti e aforismi sui libri e sulla lettura: Nicola Gardini, Il libro è quella cosa edito da Garzanti.
L’ultimo libro dell’anno 2020 mi ricorda che avrei dovuto parlare anche di visioni, ma sto diventando noiosa pure a me stessa, quindi lo userò per ricollegarmi alle mie due visioni preferite di quest’anno dell’Insomma, riproponendomi di fare un post apposito su Greta Gerwig di cui ho visto due film (uno persino in un cinema all’aperto quest’estate) e che merita più di due parole frettolose. Il libro che sto leggendo è una favola, L’assemblea degli animali di Filelfo, appena uscito, a Novembre, per l’Einaudi. Al momento sono frastornata dai discorsi degli animali preoccupati dall’incoscienza dell’uomo verso la Natura, ma parlano un po’ tutti insieme e fanno troppa confusione. Speriamo bene per il futuro della Terra e del libro.
A proposito di favole il film più interessante che ho visto negli ultimi mesi, nonostante la presenza dell’uomo dell’Insomma, è stato Favolacce dei fratelli D’Innocenzo. Volevo solo avvertirvi che non ci salviamo (ma io l’avevo subito capito, come l’ho visto nel film), forse dovrei dirlo anche agli animali del libro di Filelfo. L’altro film che mi è piaciuto molto l’ho visto all’inizio dell’anno, ed è Un sogno chiamato Florida di Sean Baker che, però, è un film del 2017. Entrambe le pellicole mettono in mostra la fragilità, la mostruosità e l’incapacità di fare gli adulti di tutti i personaggi al di sopra dei dieci anni e soprattutto la straordinaria capacità di resistenza e gli atti di coraggio estremo dei protagonisti bambini. Le somiglianze, anche cromatiche, tra i due film sicuramente casuali sono impressionanti.
Spero che l’anno dell’Insomma, quest’anno un po’ di merda per tutti, se ne stia dalla sua parte ormai conclusa e che non travalichi in questo.